Queste due signore,
che giostrano le nostre ore,
vanno sempre a braccetto, anche se sembran lontane:
essenziali entrambe, amiche per giunta, ma sempre un po’ puttane.
Son la vita e la morte
che muovono a loro piacimento la nostra sorte.
La vita, quella grande, bella, caotica bobina,
dove cresciamo con gioia, ma un pizzico strozzina.
Pienia di storie, drammi e risate,
mentre ci chiediamo se ne valga la pena, davvero, di viver certe giornate.
E poi c’è la morte, così calma e sicura,
senza scadenze, tasse, ma in attesa futura.
Niente più lunedì o dolori persistenti,
un luogo di pace senza troppi lamenti.
In vita, corriamo dietro sogni sfuggenti,
tra impegni, affanni e momenti esaltanti.
La morte, invece, ha un’agenda pulita,
un lusso raro in questa vita spaurita.
La vita, quel circo di clamore
dove inciampiamo a volte, ma regala stupore;
tra sogni grandiosi e mete ambite,
ci destreggiamo con sorrisi e ferite.
Poi c’è la morte, la fine tagliente
che mette ordine, definitiva e silente.
Niente più sveglie, bollette o ritardi
ci aspetta paziente, alla fine dei traguardi.
Così, siamo qui, tra il felice caos e l’eterno fosso,
celebrando la commedia e il suo dolce paradosso.
Viviamo per il brivido, con ironico amore,
finché morte ci regala silenzio d’onore.
Quindi perché ti affretti, t’arricchisci o ti incazzi
tanto per la vita e per la morte siamo comunque tutti pupazzi.
Ludovico Fremont